Articolo originariamente pubblicato su RossoParma l’8 aprile del 2016. Lo ripropongo oggi sul mio sito in memoria del musicista Angelo Badalamenti, morto domenica 11 dicembre 2022 all’età di 85 anni.

L’8 aprile 1990 andava in onda negli Stati Uniti la prima puntata della serie televisiva Twin Peaks. Un telefilm che ha fatto la storia della televisione; era un prodotto anomalo per quel tempo, e per alcuni versi lo è ancora oggi, in un’era dominata dallo storytelling. Questa serie procede verso la risoluzione di un delitto, ma non in maniera logica e coerente, bensì inanellando fatti, situazioni, deduzioni e soluzioni con l’andamento imprevedibile, complesso e irrazionale di un moto dell’animo, o forse di un sogno. Un sogno molto lucido però, che con il pretesto di un classico giallo “whodunit” (un omicidio in una realtà ristretta, e una serie di sospettati che vengono via via esclusi) si mette a indagare i misteri e i segreti di una piccola comunità del Nordamerica, fino a mostrarne i lati più oscuri, sia sociali che (come presto emerge nella narrazione) sovrannaturali.
Non stupisce quindi che dietro l’ideazione della serie si celi la mente di David Lynch, cineasta che ha abituato il suo pubblico a questo tipo di narrazione, che almeno apparentemente esula dalla logica. Insieme a Mark Frost, coautore, concepì il format di Twin Peaks in forma molto semplice: in una piccola comunità una ragazza viene uccisa, e le indagini scoprono che l’assassino è il padre. Il resto degli ingredienti, compreso il sovrannaturale, venne deciso in corso d’opera.
Lo stesso villain della serie, ossia killer BOB, non era previsto nel concept originale, e nacque in maniera del tutto casuale: l’arredatore di scena Frank Silva finì per sbaglio in un’inquadratura. Lynch venne illuminato dalla casualità occorsa, e dal peculiare aspetto di Silva: quell’uomo doveva entrare nel telefilm! Si fidò della sua intuizione mettendola immediatamente in pratica, e creò così uno dei cattivi più inquietanti mai apparsi sullo schermo televisivo. 

In questo scenario perennemente in bilico fra il giallo e l’horror, con ingredienti di fantastico ma anche di commedia e soap opera (genere televisivo molto in voga tra gli ’80 e i ’90), lo spettatore viene sostenuto dalla colonna sonora di Angelo Badalamenti. Si tratta di composizioni armonicamente semplici, la cui componente melodica è a sua volta minimale, quasi “mimetizzata” tra note lunghe e arpeggi lenti, immersa in un’atmosfera sonora ancora figlia degli anni ’80, ma che anziché essere percepita come datata oggi suona già come un classico. Non è merito del solo compositore: Badalamenti ha raccontato com’è avvenuto il lavoro compositivo per Twin Peaks. Seduto al piano, con un registratore acceso, con accanto Lynch stesso che gli raccontava la storia per immagini e movimenti di macchina. Tutte cose che ancora esistevano solo nella sua mente. I cambi di atmosfera improvvisi, le tensioni interminabili che si sciolgono di colpo in un passaggio liberatorio dal modo minore al maggiore (come nel bellissimo “Tema di Laura Palmer”) nascono così, da un’improvvisazione ad alto tasso emotivo registrata su un mangianastri e successivamente rielaborata e arrangiata. 

A ventisei anni di distanza, possiamo dire che Twin Peaks ha fatto davvero scuola per molti versi: oggi la cura che riceve una serie televisiva è pari a quella che un tempo veniva riservata esclusivamente alle storie del grande schermo. La serializzazione e la qualità del prodotto riescono a volte a marciare di pari passo per molte stagioni, dando uguale importanza al lato affettivo, che richiama lo spettatore davanti allo schermo per rivedere i personaggi in cui si immedesima, e al lato qualitativo, ponendosi l’obiettivo di realizzare storie non banali, e a volte con più livelli di lettura, e di sfruttare tutte le possibilità espressive che il mezzo televisivo può offrire. E che, come il cinema, richiedono l’ausilio di molte professionalità creative, dallo scrittore al fotografo, dall’attore al regista; passando, naturalmente, anche attraverso la figura del musicista, che forse ai lettori di Cromatismi è quella che sta più a cuore.